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GLAESER, LE CITTÀ E LA POLTRONA PER DUE

27 Maggio 2025

GLAESER, LE CITTÀ E LA POLTRONA PER DUE

27 Maggio 2025

Può darsi che “il meno sia più”.  Ma per Edward Glaeser la questione su cui ragionare è un’altra, è che ormai “piccolo è inevitabile”. Secondo l’economista di Harvard che aprirà i lavori del Festival internazionale dell’Economia, “una cosa che sappiamo dai tempi di Adam Smith, e ancora di più da quelli di Henry Ford, è che la produzione di massa rende le cose a buon mercato”. Tuttavia, la conclusione a cui è giunto (the Harvard Gazette), è che “la regolamentazione dell’uso del suolo ci impedisce di costruire una casa prodotta in serie e dunque impone di costruire case molto idiosincratiche”. Brutte, in altre parole, e non sempre efficienti. Questo comporta che la ricerca del benessere imponga ai programmi di urbanizzazione di essere microgestiti, pertanto pensati “piccoli”. Perché “ogni progetto sarà costruito su misura potrà soddisfare le diverse esigenze della comunità”.

Non c’è niente come casa. E nulla come le case di una volta, la cui evoluzione illustra bene il deterioramento delle condizioni sociali e di vita nel mondo occidentale. Nel dopoguerra, i costruttori statunitensi hanno edificato migliaia di unità unifamiliari su appezzamenti di terreno che in media superavano i 5.000 acri (l’acro è 4046 metri quadrati). Oggi la quota di abitazioni innalzate con grandi progetti è diminuita di oltre un terzo, mentre gli sviluppi su più di 500 acri sono “essenzialmente inesistenti”. Ne deriva che le case sono diventate più piccole e più costose. E che per evitare di pagare prezzi stellari è necessario amministrare con oculatezza progetti dalle dimensioni sempre più ridotte.

Una poltrona per due. Glaeser è il maestro degli studi empirici sull’economia urbana. Ha pubblicato numerosi studi sulla disuguaglianza. Il suo lavoro con David Cutler, altra testa pensante di Harvard, ha identificato gli effetti dannosi della segregazione sui giovani neri in termini di salari, disoccupazione, livello di istruzione e probabilità di gravidanze adolescenziali. Insieme, i due hanno scoperto che l’effetto della segregazione è così dannoso per i neri che se i giovani neri vivessero in aree metropolitane perfettamente integrate, il loro successo non sarebbe diverso da quello dei giovani bianchi su tre delle quattro misure e solo leggermente differente sulla quarta. È tutta questione di ambiente e motivazione. Non a caso le migliori costituzioni dicono che gli uomini sono tutti uguali. 

La povertà relativa e le città felici. L’economista di Harvard invita a fare confronti. Aiutano a dare le giuste proporzioni alle vite anche se non le cambiano. Una periferia indigente non è mai una buona notizia. Però ci sono delle differenze. «La povertà urbana non dovrebbe essere giudicata in rapporto alla ricchezza urbana, ma in rapporto alla povertà rurale – avverte Glaeser – Le bidonville brasiliane di Rio possono sembrare terribili se confrontate con i prosperi sobborghi di Chicago, ma il tasso di povertà di Rio è di gran lunga inferiore a quello presente nel nord est brasiliano rurale» (Il trionfo della città, Bompiani, 2013). Questo non rende i meno abbienti felici, ma è un punto di partenza per ragionare sul come si interviene sulle qualità delle nostre esistenze. Anche perché, assicura lo studioso newyorkese (classe 1967), negli stati dove oltre la metà della popolazione vive in aree urbane, il 30 per cento degli individui dichiara di essere molto contento; in quelli a prevalenza agricola, il tasso di felicità cala al 25 per cento. Vince la città. Ma davvero?

Il dibattito. Edward Glaeser interviene sul tema LE CITTA’ E LA CRISI ABITATIVA con la LUCA D’AGLIANO LECTURE. Introduce Thierry Verdier. È l’anteprima del Festival al Collegio Carlo Alberto. 29 maggio, ore 10:30

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