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SETTE VIRTÙ IN CONTO CAPITALE UMANO

3 Giugno 2025

SETTE VIRTÙ IN CONTO CAPITALE UMANO

3 Giugno 2025

Se parlare di giovani bamboccioni è solo un alibi per non fare nulla. Domande e risposte dal Festival internazionale dell’Economia

Facciamola finita con questa storia dei bamboccioni. Perché già nel secondo giorno del Festival internazionale dell’Economia è apparso chiaro a tutti che “chi rifiuta di andar via di casa o cambiare città non lo fa per pigrizia” (la sintesi è di Nando Pagnoncelli), ma è banalmente vittima di lavori difficili da trovare e troppo spesso precari, di stipendi bassi che non consentono di pagare alloggi troppo cari, di un’incertezza generalizzata che costringe il 67 per cento dei giovani a vivere nella famiglia di origine o appena di fianco (Ipsos dixit). 

Da oltre cento dibattiti vissuti nel cuore di Torino è emerso che i ragazzi e le ragazze non sono davvero incapaci di affrontare le responsabilità e le insidie della vita, del resto se uno su quattro va a cercare fortuna all’estero proprio uno spiaggiato sul divano non può esserlo. Così viene il dubbio che prendersela con i “bambo” sia un alibi per non fare nulla, per non cercare una soluzione, “tanto sono loro, che possiamo fare?”. E il dubbio alimenta la certezza che, con gli interventi giusti e il tempo necessario, la tendenza potrebbe essere invertita, liberando l’Italia dagli alibi che fomentano l’inazione per renderla il Paese dinamico e coraggioso che ha ogni ragione di poter essere.

È stato il Festival delle domande. Almeno ottocento, ha stimato in conclusione il direttore Tito Boeri. Alla fine di ogni incontro si sono levate le mani di gente di tutte le età che voleva sapere, capire, essere consapevole. “Un esercizio di democrazia – attesta il Presidente del Collegio Carlo Alberto, Giorgio Barba Navaretti – si è parlato liberamente, senza timore di opinioni e genere”. Si è insomma visto circolare il virus benefico della conoscenza che alimenta la consapevolezza, e chiede a chi può mettere le mani nel motore di lavorare per aggiustare l’economia, che non è altro che l’arte di fare ordine in casa. Bisogna agire. Bisogna fare presto.

Abbiamo due guerre alle porte, una disfida commerciale con l’antico amico americano. Viviamo un riassetto globale che potrebbe trasformarsi in una tempesta di cattive notizie e distruggere tutto quello che abbiamo fatto sinora, il nostro potenziale di italiani, europei e occidentali. Già, l’Europa. Dal riepilogo di Barba Navaretti emerge l’ansia geopolitica e il suo forte impatto sui giovani. “La risposta è stata che abbiamo bisogno di più Europa – assicura il Professore -. Rafforzare e dare spazio ai valori di una Europa unita. Meno barriere, più dialogo, etc. Se non lo facciamo adesso, le cose rischiano di peggiorare significativamente”.

Il Festival ha messo sul tavolo una miriade di sollecitazioni e soluzioni, senza rinunciare a interrogativi aperti. “Abbiamo riaffermato la libertà accademica”, sottolinea Boeri. Per il quale, a tirare le somme di quattro giornate dedicate anzitutto ai giovani, abbiamo sette centri di attività permanente che non possiamo tralasciare e sui quali occorre muoversi subito. Sette tracciati in conto capitale. Sette aree in cui mettere soldi e talento. Le prime sette, almeno.

  1. Viviamo un evidente declino demografico su scala mondiale. Il picco della popolazione planetaria avverrà prima del previsto. Questo rende in prospettiva il capitale umano sempre più scarso, cosa che avrà conseguenze sulla crescita. Avremo meno giovani e sarà un danno perché i giovani sono fonti di idee. È necessario intervenire per garantire crescita e benessere. 
  2. Ne consegue che bisogna utilizzare meglio il capitale umano che abbiamo. Magari con una riforma ventennale dell’istruzione basata su un accordo politico di lunga data (proposta di Francesco Profumo). Adeguare i salari e intervenire sulla formazione. Collegare scuola e mondo delle imprese. I giovani sono i pistoni della crescita, chi assume non fa una cortesia a un essere umano, ma investe sul futuro della propria azienda e della società.
  3. È necessario investire nei primissimi anni di vita. Le opinioni del Festival convergono: è qui che si forma l’indole e il carattere. Le politiche di sostegno alla prima infanzia sono pertanto cruciali. Vuol dire aiutare famiglie con figli e investire nelle scuole di infanzia. Si preparano le nuove generazioni e si sostengono le aspettative dell’equità di genere.
  4. Migliorare la qualità dell’istruzione. Diverse analisi lo hanno approfondito. Mai come oggi, il ruolo degli insegnanti è cruciale. Occorre valorizzare il loro lavoro, sceglierli bene, e valutarli in modo costante perché abbiano gli stimoli giusti. Non si può mettere il futuro del Paese nelle mani di gente sottopagata. 
  5. Socializzare i costi della cura dei figli che oggi gravano in modo sproporzionato sulle donne. In Italia, in particolare. È il fattore principale che frena l’uguaglianza di opportunità fra uomini e donne, all’equiparazione dei salari. Occorre una maggiore responsabilità di tutti, non solo di chi è coinvolto direttamente. Siamo tutti sulla stessa barca. Arriveremo in porto insieme, o affonderemo in un unico gorgo.
  6. Puntare sulla rilevanza della mobilità territoriale per assicurare l’eguaglianza di opportunità. Chi ha avuto possibilità di spostarsi, ha fatto passi in avanti nella scala dei redditi. Oggi è possibile predire il futuro di un giovane in base al luogo di nascita. La strada è quella di favorire lo spostamento in base alle aspirazioni ed esigenze.
  7. A proposito di movimento. Gli accordi di Schengen festeggiano 40 anni. Non dobbiamo sprecare la libera circolazione, è un’eredità che dobbiamo lasciare ai nostri giovani. Sono sempre più frequenti le deroghe che non devono essere la prassi. La mobilità territoriale delle persone in seno all’Unione europea è un patrimonio fondamentale che va protetto.

Sarebbe sciocco pensare che tutto questo sia facile da realizzare. Ma è anche sciocco osservare come nella cabina di comando del Paese, da anni, questi problemi non siano stati davvero presi di petto. Si è visto preferire il dare la colpa ai bamboccioni, potenziale causa del loro stesso male nei confronti della quale non c’era soluzione. Invece i giovani sono vittime della società ben più che di loro stessi. E la società non può restare a guardare. Gli alibi sono finiti. Le opportunità restano. Ci salverà l’azione. Il popolo che ha animato i quattro giorni del Festival internazionale dell’Economia chiede soprattutto un atto di responsabilità politica, sociale e collettiva nel nome del cambiamento possibile. Adesso, servono i fatti. Oppure il conto si farà sempre più salato.

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